Introduzione
Ho avuto ancora forti remore a pubblicare quanto di seguito, anche perché temevo che le mie parole fossero interpretate come un attacco e non come un richiamo alla realtà, un auspicio per una ulteriore presa di coscienza ed un convincimento della forza del nostro “potere” sociale, della responsabilità e della nuova possibilità, che abbiamo acquistato, per il cambiamento della sanità in Lombardia ed in Italia. Un evento che potrebbe influenzare le politiche sanitarie di alcuni altri paesi europei. In questo l’Italia potrebbe essere un vero esempio da seguire. Lo dobbiamo ai colleghi e a tutti gli altri morti, dichiarati o nascosti.
Non ho avuto più dubbi quando una collega mi ha inoltrato un articolo del 21 maggio scorso, scritto sul The Guardian da un medico britannico, di cui riporto qualche frase.
” The health service is not a charity and is not staffed by heroes”.
“I don’t work in the front line, because there isn’t not one”
“I’m not in the army and we are not engaged in military combat”
“I carry on going to work. It is my job”
“I really don’t need clapping…. it is a sentimental distraction from the issues facing us”
Testo.
Ho esitato a lungo a pubblicare lo scritto in versi che segue, in queste pagine. Mi sarei sentito un ingrato. Ma siccome anch’io, avendo fatto lo stesso mestiere, porto la stessa responsabilità, ho superato il senso di colpa.
Non è che perché uno paga di persona, si comporta “eroicamente”, atto dovuto, questo lo assolve da ciò che non ha fatto. Parlo non di un singolo medico ma di noi medici come categoria. Abbiamo pure noi, anche se in maniera diversificata, una certa parte di responsabilità. Potevamo noi far sentire lo nostra voce prima di ciò che è accaduto? Potevamo noi opporci allo smantellamento della sanità pubblica, e alla mancanza di ogni prevenzione, di ogni preparazione ad eventi del genere?
Se non noi, chi?
Ancora noto colleghi che propugnano, come risolutive, terapie, in un momento in cui nessuna terapia esiste e molte non superano il vaglio di uno scrutinio serio. Di contro l’operato dei medici in servizio è stato rilevante ed ha evitato un numero di morti superiore a quello che si sarebbe avuto, senza la loro abnegazione e sacrificio. Di questo tutti siamo grati e riconoscenti, soprattutto noi medici non più in servizio.
Ho letto e anche ascoltato con attenzione l’intervista che il dr. Vergano, chair della sezione etica della Siaarti, ha rilasciato al NEJM. Non voglio entrare nel merito, visto le difficoltà ed il poco tempo che si è avuto per stilare le linee guida su quale paziente attaccare ai respiratori. Ci sorprende però constatare che non ci fosse pronto un piano di base, per poter cercare di prevedere cosa sarebbe potuto accadere ed intervenire tempestivamente. Già, per assunto, una società, così importante nella sanità ospedaliera, dovrebbe aver avuto uno schema di intervento. E se non fosse stato il caso, come poi è apparso evidente, l’avrebbe dovuto stilare per tempo, dato che a Wuhan erano già 2 mesi che avevano affrontato lo stesso problema.
È vero, la fretta, la pressione del tempo, la piena hanno influenzato la scelta. Era, però, proprio a queste che bisognava essere preparati. Tali condizioni infatti “don’t allow correct methodolocical approach”, correndo il rischio che le scelte vengano fatte dando più spazio al “gut istinct“, al pre-giudizio che a decisioni razionali ed eticamente inoppugnabili, evitando ragioni altre, diverse dalla salvaguardia di tutti i malati.
Sarebbe utile sapere inoltre da chi fosse composta la task force regionale che ha spinto per definire le linee-guida, se ad essa siano state sottoposte, e chi poi abbia deciso la loro applicabilità in Lombardia e in che modo. Se sia vero, come si afferma nell’articolo della dressa Rosembaum che ci sia stata poca trasparenza e soprattutto che si sia tenuto all’oscuro l’opinione pubblica.
Non discutiamo del valore etico della scelta da “soft utilitarian approach“, definizione del dr. Vergano, sarebbe troppo difficile spiegare in breve il dissenso. C’è comunque una vasta altrettanto qualificata letteratura che mette in evidenza molte contraddizioni in simili linee-guida e nella loro applicazione.
Quello che si chiede, ai colleghi che hanno dato le utili ed importanti informazioni al NEJM, nonostante l’imposizione del silenzio, e a tutti noi medici, è di uscire dall’anonimato . Al dr. Vergano di impugnare il coraggio, che ha avuto durante la crisi, e di mettersi a capo di una “soft revolution dei camici bianchi” per impedire che si viva in un regno di morti. Ora!
In questo momento, per i sacrifici pagati, per il senso civico dimostrato e per il bene che ha fatto alla nazione, la classe medica ha tutto il potere per far cambiare indirizzo. Questo sarebbe “eroismo”.
Penso a tutti i medici : gli ospedalieri, i territoriali, i medici periferici e quelli non più in servizio, non ai “maggiorenti”, in un modo o nell’altro collaterali al “Potere”e per questo intercambiabili. Abbiamo oggi , per il ritrovato prestigio e la rinnovata fiducia, la forza, riconosciuta dalla popolazione, per cambiare la sanità.
Non perdiamo questa occasione.
Brevi note bibliografiche.
Fair Allocation of Scarce Medical Resources in the Time of Covid-19
May 21, 2020
N Engl J Med 2020; 382:2049-2055
Facing Covid-19 in Italy — Ethics, Logistics, and Therapeutics on the Epidemic’s Front Line
Interview with Dr. Marco Vergano on caring for critically ill patients with Covid-19 and resource allocation in the ICU.
Supplement to the N Engl J Med 2020; 382:1873-1875
Covid-19 Crisis Triage — Optimizing Health Outcomes and Disability Rights
This article was published on May 19, 2020, at NEJM.org.
Respecting Disability Rights — Toward Improved Crisis Standards of Care
This article was published on May 19, 2020, at NEJM.org.
I’m an NHS doctor / and I’ve had enough of
people clapping for me
THE GUARDIAN may 21st 2020
Ciro Gallo