Sì,sì per essere biondi erano biondi e con gli occhi chiari della madre, ma il colore olivastro e la corporatura tozza? Niente avevano del padre.
Mirna era una splendida ragazza di 28 anni, bionda, con i capelli ricci. Esuberante. Il suo seno scollato stimolava il desiderio di chi la guardava. Sorridente, gaia, felice. Abitava a pian terreno, la finestra sempre aperta, la tenda che faceva la vela ad ogni folata di vento, cantava accompagnando la radio accesa. Le labbra rosse, tumide invitanti. Si affacciava di tanto in tanto, come per una scusa e guardava di qua e di là, quasi a cercar qualcosa che aspettava e che dovesse carpire al volo.
Erano giunti come una carovana, tutti uomini, due sole donne, dal nord, dalla regione del marmo, chiamati ad estrarre il marmo rosa. Tradivano la loro ancestrale natura di nomadi, nonostante divenuti da generazioni stanziali. Si muovevano in blocco, tutti insieme. Seduti la sera al bar, dopo la lunga e stancante giornata di lavoro. Dopo aver fatto brillare le mine, con l’attenzione e la precauzione di non far brillare le loro vite. Bevevano grossi boccali di birra. Chiacchieravano e ridevano soddisfatti. Sembrava che in quei momenti venissero esauditi i loro desideri. Semplici e modesti. Rincasavano tardi a dormire ma si alzavano già presto al mattino.
Mirna nella sua esuberanza faceva però trasparire qualcosa, una mancanza, che le oscurava la felicità ma che stimolava un interesse attrattivo, un trasporto di comprensione, un che di partecipazione a chi la guardava cercando di capire. E si capì che cosa fosse quando comparve Roberto, il figlio della sorella che ella aveva voluto con sé, alla morte di lei. Mirna non aveva figli, li aveva tanto desiderati. Accudiva il nipote come un figlio, lo vestiva con lindore tale da farlo apparire come quei piccoli santi venerati e posti ad esempio ai ragazzi. Ma ciò non le bastava. Non basta ad una donna la rinuncia a ciò che la rende simile a chi ha la capacità in assoluto di dar vita, di creare. Non è facile, è una mutilazione rinunciare alla gravidanza, alla sensazione di poter sperimentare una variazione benigna del proprio sé, di espandersi, ad un benevolo contenere, far germogliare e crescere un essere e dargli e portarlo alla vita. Altra cosa è la maternità. Si può altrettanto essere madri non biologiche con lo stesso trasporto d’amore di quella naturale.
A giorni il desiderio era spasmodico, ma quello non era sufficiente a farla restare incinta.
Gli anni cinquanta non erano tempi di fecondazione assistita, non si sapeva di azoospermia, oligospermia, di concentrazione del seme. Erano soli l’uomo e la donna. Nel vissuto generale sempre quest’ultima la causa del fallimento. Sempre accettante.
A volte qualcuna si faceva delle domande, si studiava, si trovava sana, florida , regolare nelle sue manifestazioni ed allora si poneva dei dubbi, che subito scacciava via, sottomessa come era ai condizionamenti di una società maschile.
Lottò per anni Mirna, finché, come per un ribellarsi interiore, volle mettersi alla prova. Donna del popolo, non cercò sofisticazioni, mascheramenti. Sfruttando la sua avvenenza si mise alla ricerca. Ora affacciandosi alla finestra ed in strada, volgendo lo sguardo, sapeva cosa cercava, cosa aspettava. Con l’istinto di chi vuol procreare, che avvicina gli animali all’uomo,cercava chi fosse più adatto, più sano, più idoneo, chi avesse le caratteristiche più rispondenti alla trasmissione dei suoi propri geni, della sua propria vita.
Purtroppo il suo cercare non poteva essere fatto con la massima discrezione, doveva ella adattarsi alla cultura del tempo e del luogo. Per attrarre doveva assumere atteggiamenti quasi invitanti. Tentò per qualche tempo di essere discreta, di far innamorare qualcuno. Aveva scelto la delicatezza di un timido diciassettenne che, per dolcezza e discrezione, gli sembrava adatto, ma poi desistette. Le era sembrato quasi incestuoso avere un figlio con un ragazzo con quasi la metà dei suoi anni. E fu così che cominciò a lasciare il balcone aperto, si era intanto trasferita in una altra casa. E di là salirono e discesero in tanti. Finché un giorno trovò l’individuo giusto. Più grande di lei, noto femminaro, ricco.
La si vedeva tornare, nei giorni d’estate, rossa in viso, il petto e le braccia arrossate, libere nel suo prendisole rasentando il feudo del barone C. Si fermava sotto l’albero di fichi, ne coglieva qualcuno, lo spaccava in due e con gusto ne succhiava il contenuto, buttando via la buccia verde. Saliva poi di corsa verso casa, tirava dentro la suocera, che la aspettava sulla porta, metteva le mani nel petto e allegra tirava fuori 4 o 5 carte da diecimila lire e gliele mostrava.
Sapeva ed era consenziente quest’ultima, anzi con lei Mirna si era confidata ed avevano tutto programmato insieme. Avevano imbastito una azione doppiamente economica, dando al don Giovanni l’impressione del potere effettivo, della gestione della situazione.
E fu così che Mirna ed il marito ebbero non uno ma due figli.
Levarono tutti le tende ed andarono via dopo poco tempo, senza aspettare che si esaurisse la vena del marmo rosa.
Per essere biondi sono biondi ed hanno gli occhi celesti della madre, ma il colore olivastro e la corporatura tozza?
Ciro Gallo