Scalfari e Napolitano

Da piccolo ed ancora da adolescente ascoltavo con attenzione le prediche dei curati di paese, notoriamente poco colti. Poi ho smesso perché le trovavo stereotipate e ripetitive , anche quelle fatte  da qualche interessante intellettuale. Ce ne erano allora nella Chiesa.

Negli anni dell’ università mi appassionavo ( non perdevo neanche una riga) ai dibattiti  tra Ronchey, Asor Rosa  e Rossana Rossanda. Ho lasciato per un nulla di fatto!

Ho continuato a leggere ed ora sporadicamente leggo gli editoriali di Eugenio Scalfari. Ad una prima “attrazione” si é sostituita una interminabile assuefazione, una quasi noia. I suoi scritti sono sermoni da   cardinale della “vera” sinistra,  alquanto triti , leggermente irritanti. Con l’età si cede  ad un desiderio  di pontificare, di diventar pontefici ( con discrezione ,in vero, nel suo caso). Ed ecco il reiterarsi  di “innamoramenti” ( Draghi), opzioni economiche  che egli definisce liberali, anche se lasciano irrisolti grandi contraddizioni.

Sembra evidente che egli veda l’economia come una scienza e che quindi dia valore scientifico a “teorie” che sono per lo più costruzioni opportunistiche, che seguono interessi ben strutturati di pochi individui e/o di poche nazioni.

Ecco, per non essere masochista  e continuare a leggere quello che non mi piace, condivido però l’idea di Europa di Scalfari. Ho sempre fatto fatica  a considerarmi solo italiano. La mia militanza di sinistra mi faceva sentire universale e l’Europa concretamente europeo, parte di un solo popolo. Purtroppo quella europa non esiste  e quella attuale non é la mia, né di tanti altri come me. Non la vogliamo.

Veniamo ora all’epistolario tra Scalfari ed il presidente Napolitano che in questo momento li vede  “contrapposti”. Ho letto, nella missiva al Corriere dell’emerito e nella risposta agli appunti mossigli, una retorica stucchevole. Ora la retorica é una prerogativa degli ignoranti, che niente hanno da dire e proporre, se non un pragmatismo da falso movimento o un movimento da altri suggerito, come é il caso di Renzi, o delle persone colte e competenti come Napolitano.

La retorica delle parole dell’ex capo dello stato nasconde , se non un intendimento, la vera ragione ideologica delle sue scelte. Egli é convinto (é stato convinto e/o vuole convincere) che ci sia un surplus di democrazia , che questa sia molto costosa e che bisogna limitarla, non importano i danni che questo comporti. Lo dimostrano le sue coerenti scelte in continuità : dal migliorismo a Monti fino a Renzi. A questo proposito: “renzi o renzi per lui pari sono“.

Io ricordo Napolitano fin da quando militavo nel PCI, lo rispettavo ma non lo condividevo. Si notava già  da allora, pur nel suo prestigio, che soffriva la presenza di altri dirigenti a lui superiori. Aveva, sembrava, la “sindrome dell’essere costretto al margine”, covava un senso di narcisismo revanchistico. Con l’età quest’ultimo si e’ accentuato. Finalmente egli ha potuto e si sente ancora di gestire, con un soddisfazione quasi fisica, il potere in prima persona. In poche occasioni  gli avveniva di farlo nel PCI, come quella volta che, al congresso di Milano , a me medico, era toccato soccorrere Giuliano Pajetta, per un malore, perché l’on. Napolitano aveva messo tutte le sue forze perché questi non fosse confermato nel comitato centrale. Così almeno si diceva nei corridoi.

Ciro Gallo