14 maggio

Così sono sempre stato, connaturata mi é la tristezza. Ora la chiamo depressione. L’ incertezza, qualcosa di cui non riesco a capire la causa. Ora mi dicono dipende dalla serotonina. Anche il senso di colpa? La fedeltà compulsiva? L’onestà e la vigliaccheria di essa? Una strana mancanza del piacere del desiderio. In eta’ adulta la chiamano libido : il senso del vivere.

Mi perdevo, per le strade in una epilessia motoria, incosciente di me e delle mete. Per ore , a volte per un intero giorno, mi cercavano. Non sento e non sentivo allora l’ipoglicemia. Nessun ricordo ho, tranne che la coscienza della mia pelle che racchiudeva il mio corpo. Sfiorava infatti essa la brezza con l’ondeggiare delle spighe verdi nel mare dei campi di grano.

Ad una finestra mi ero affacciato a spiare i ragazzi, con il loro grembiule nero, intenti sui banchi. Non ero ancora scolaro. L’edificio aveva perduto l’odore di vecchio ospedale militare del tempo di guerra.

In maggio era sempre così, pioveva nei giorni che precedevano la fiera del paese. Così come oggi era il 14 maggio. Una mattina piovosa. Mio padre si era fatto prestare la bicicletta dal sig. M’rruzzu per accompagnarmi al Ponte degli Inganni .

Ero stato indeciso se andare o meno alla gita a Taormina, premio vinto per meriti scolastici. Avevo sofferto il decidere fino al dolore. Qualcosa all’interno di me, che fosse disagio, diniego, incertezza, negazione mi aveva spinto a rinunciare. Mi risolsi dopo, in piena notte.

Mia madre mi aveva preparato la colazione per il viaggio : due fette di pane con in mezzo una omelette al formaggio. Dalla carta che l’avvolgeva trasparivano le macchie di olio .

Tutto era avvenuto così in fretta ed in un tempo limitato. La corriera di coincidenza delle 5,15 era partita. L’autobus della scuola, proveniente dall’Istituto, sarebbe passato alla 6 meno 5 dal ponte per la via dei Nebrodi : s. Fratello, Cesarò, Bronte fino a Catania e da qui a Taormina.

Aveva bussato, mio padre, alla porta del sig. Luigi, che con l’ultimo morso della colazione in bocca si apprestava ad andare in campagna.

La bicicletta era di color grigio lucente quasi nuova, la sella nera. La pioggia cadeva non forte, il vento  la spingeva sul mio viso e sulle gambe scoperte dai calzoni corti. Mio padre sudava. Sentivo il suo fiato sui capelli. Lunghissimo sembrava quell tratto di strada di due km e mezzo. Il rettilineo infinito, la curva di Collura un orizzonte irraggiungibile. Un senso del tempo fuggente ed eterno aveva catturato il mio ora desiderio di raggiungere in fretta il bivio.

Spioveva, mio padre allentava le pedalate, la bicicletta scorreva veloce e come rilassata si era fermata. Eravamo giunti al torrente Inganni. Un raggio di sole sorgente faceva brillare le gocce di pioggia. Eran le 6.

Avevo sperato in un ritardo dell’autobus ma, in orario, era gia’ passato. Con tristezza ho guardato lo stradone largo e bagnato. Nessuna macchina passava. Delusi abbiamo fatto a ritroso il percorso. Aveva ripreso a piovere.

 

Aviano 14 maggio 2015

A Gino che fa parte di queste storie

 

Ciro Gallo