Mi raccontava che sua madre era una discendente di una baronessa siciliana, il padre generale dell’esercito. Da Roma si erano trasferiti a Verona. La’ aveva frequentato il liceo, compagno di banco di uno dei componenti dei futuri ” Gatti di vicolo miracoli”
Paolo e’ stato mio collega di specialita’. Non e’ che gli importasse moltissimo della professione in se’. Ne ha fatto sempre una epopea da raccontare. Ripeteva all’infinito gli avvenimenti accadutigli all’ospedale di Borgomanero e soprattutto quelli occorsigli come mutualista.
Non ci frequentavamo, quasi neanche ci conoscevamo. Lo ho incontrato un giorno in treno, in un triste viaggio di ritorno a Milano, dopo la morte di mio padre. Non so perche’ avessi preso una coincidenza a Roma. Ci siamo messi a parlare. Si dava delle arie. Era interno all’INT dal professor Spinelli, endoscopista dei piu’ esperti. Io ero un cane sciolto alla specialita’ di gastroenterologia. Un giorno , in reparto, il direttore mi apostrofo’ chiedendomi: “chi e’ lei, cosa ci fa qui?”Avevo il camice, quindi riconoscibilissimo come medico. Mi aveva visto certamente a lezione. Non ero un interno raccomandato, sfruttavo l’oportunita’ delle disposizioni europee. Mortificato ma con l’ardire dei cani randagi risposi:” Sono uno studente della specialita’ , mi attengo alla richiesta di frequenza di 20 ore settimanali”. Non disse niente. Restai, ma non mi fecero mai toccare un malato!
Anni sono passati ed io sono diventato medico di un grande ospedale. Paolo, com’era naturale (!) ci lavorava gia’ da prima di me. Ci siamo incrociati un giorno al timbro. Io entravo , egli usciva. Ci siamo appena salutati. Curioso lo guardai da dietro. Vedevo che i suoi passi erano scanditi, rallentati, a scatti, con un leggero tremito quando sospesi. Mi sentii rabbrividire. Avevo intuito che aveva la MS. Non necessita essere medici per capire che pazienti affetti da sclerosi multipla hanno qualcosa che non va. Basta guardarli, osservarli nei movimenti.
Per varie vicissitudini e anche a causa della sua malattia, Paolo venne spostato, sballottolato a destra ed a manca. Da un reparto all’altro. Gli si richiedeva una efficienza che egli non poteva garantire e che gli altri colpevolmente come uomini e come medici pretendevano. Fini’ spedito nel mio reparto, isolato dai colleghi e dalla mancanza di considerazione e di empatia degli infermieri.
Ho chiesto che mi fosse affidato. Io avrei lavorato con lui. Per me era diventato Paolinuzzo. Mi riempiva le giornate delle sue storie. Mi aiutava. Controllavo che non recasse danno ai pazienti. Lasciavo che stesse a chiacchierare a lungo con loro. Aveva per essi un valore terapeutico superiore a quello di un qualsiasi farmaco. A volte dovevo fermare i suoi arzigogoli mentali, intervenire sulle sue amnesie, i suoi affaticamenti improvvisi, il suo perdere il filo. Succede con questa malattia, soprattutto quando si e’ stanchi o non si e’ dormito. Succede come e’ succeso al deputato Dall’Osso, deriso da gente che puo’ camminare speditamente, che puo’ parlare velocemente ma che ha la zavorra nell’anima. Non perdonabile. Soprattutto perche’ siede in Parlamento, dove come principio della costituzione dovrebbero stare “membri veramente degni e capaci”.
Infatti , ne’ degni per mancanza di empatia, ne’ capaci di capire l’altro.
A questi uomini sono affidati i destini del paese, le nostre vite!
Ciro Gallo