Un giorno faceva molto caldo in citta’. Il sole picchiava forte e sembrava voler divorare i palazzi.
Stanco del caldo, e desideroso di frescura, partii. Portando con me solo pane e caciocavallo, acqua, un libro e del Maalox, salpai nella mia piccola barchetta. A vela spiegata, la barchetta prese velocita’. Il mare non era calmo: qualche palombella aggressiva batteva sui lati del mio veliero. Gli occhi chiusi contro il sole, il vento e gli spruzzi d’acqua, immaginavo che il cielo fosse a scacchi viola e gialli.
Il viaggio in mare aperto non duro’ molto. Presto il mare divenne palude, popolata da grandi ninfee colorate, le cui radici creavano uno strano labirinto nel quale navigare.
Con un tonfo sordo la barchetta tocco’ la riva. Tutto attorno era deserto. Un deserto di sabbie rosse, un deserto di dune che formavano un disegno astratto. Sceso, assicuratomi che la barchetta fosse ben legata, prese le provviste, mi incamminai nel deserto. Sotto il sole faceva caldo. E il caldo presto mi diede alla testa.
Cominciai ad avere delle allucinazioni – di fronte ai miei occhi tutte le dune diventavano forme geometriche. E mi sembrava che ad una ad una, si staccassero dal suolo, alzandosi come bolle di calore. Alcune si allungavano e prendevano la forma di serpi giganti, che danzavano tra le bolle.
Deciso a non farmi intrappolare da bolle o serpi, continuai a camminare. Cammina cammina, la sabbia diminuiva, le dune sparivano. E d’un tratto, mi trovai in una foresta. Non era una foresta come quelle a cui ero abituato: gli alberi non erano verdi, e quasi non sembrava che fossero vegetali. Sembravano piu’ animaleschi, con le fronde gialle e viola, simili a piume di pappagallo o a fuochi d’artificio. Ma sotto gli alberi c’era fresco, e mi sedetti a riposare.
Il mio sonno fu disturbato da uno strano rumore: a meta’ fra un ringhio ed un boato. Aprendo gli occhi mi trovai di fronte ad un grande drago rosso verde e viola. Non aveva l’aria simpatica; non aveva l’aria contenta. Come tutti i draghi sputava fiamme.
‘Cosa fare?’ pensai impaurito. ‘Questo drago mi sembra poco felice. Forse che soffra d’indigestione?’. Ispirato da questo pensiero, gli porsi del Maalox. Il drago guardo’ la bottiglia, poi me, poi la bottiglia. Poi, con un fracasso terribile, si mise a piangere e singhiozzare.‘Basta Maalox, basta! Avete tutti visto troppe pubblicita’! Io non soffro di bruciore di stomaco, non ho problemi digestivi, non voglio Maalox! Ho solo fame! Mai una persona che mi dia del cibo! E io, che sono drago ben educato, non dico niente: accetto bottiglie di Maalox, casse di bicarbonato, anche pacchi di Alka Selzer, e ringrazio. Ma ho fame!’ Sorpreso da questa dichiarazione, mi scusai con il drago, e tirai fuori pane e caciocavallo. Alla vista del cibo il drago sorrise calorosamente. ‘Grazie!’ disse ‘Grazie forestiero! Buon pro ti faccia’ e se ne andò a pranzare’.
Rimasto senza provviste, decisi di cercare una citta’ dove trovarne delle altre. Vidi, in lontananza, una cosa che sembrava forse una casetta, forse un palazzo. Mi incamminai in quella direzione. Quale fu il mio stupore quando vidi che non era ne l’una ne l’altro, ma un gigantesco albero. Di fronte all’albero campeggiava un cartello ‘Albero magico. Per perle di saggezza raccogliere petali e leggere. Buona giornata!’. L’albero era, in effetti, ricoperto di fiori rosa i cui petali venivano trasportati dal vento. ‘Perle di saggezza?’ pensai, e ne raccolsi una manciata.
Sul primo petalo, in una calligrafia piccola e ordinata, c’era scritto ‘S’e’ spento il sole e chi l’ha spento sei tu’; sul secondo ‘Bllllu le mille bolle blu!’; sul terzo ‘Caramelle non ne voglio piu’.
‘Perle di saggezza?!’ pensai di nuovo ‘ma che perle di saggezza: questi sono testi di canzoni!’, e prontamente presi un pennarello per correggere il cartello: ‘Albero magico – appassionato di hits anni ’60. Per stralci di canzoni raccogliere petali e leggere. Per strofe intere, armarsi di pazienza e enciclopedia della musica. Buona giornata!’.
Continuai a cercare una citta’, oramai affamato, pensando che sarebbe stato meglio se il drago avesse sofferto di stomaco e non di fame. Quando sembrava che tutto fosse perso, mi trovai alle porte di una metropoli.
Che fosse una metropoli era chiaro, perche’ i palazzi erano molti ed alti. Ma era una metropoli particolare – ogni casa era decorata a pois, e su ogni tetto crescevano delle strane piante: alte come uomini, e con un unico fiore in capo al tronco. Visti dall’alto davano l’impressioni di altri e numerosi pois.
Le strade della metropoli erano state costruite in tal modo da permettere di viaggiare su molteplici piani. Non erano tutte al suolo: alcune erano sospese da palafitte, e partivano dai piani alti dei palazzi. Le persone uscivano dal balcone, e si trovavano immediatamente per strada.
Feci segno ad un taxi, che scese dal terzo piano al piano terra, e salii. ‘Dove va?’ chiese il tassista. ‘Non sa per caso dove possa trovare una casetta dove abitare? Possibilmente vicino ad un negozio di alimentari?’. ‘Sa, di questi tempi, non c’e’ molta disponibilita’ immobiliare. Se non ha un rating tripla A, certo non puo’ sperare di trovare una casa ai piani alti’. ‘Meglio cosi’, risposi, ‘tanto soffro di vertigini, e l’inglese non lo parlo’. ‘Ma non potra’ neanche trovare una casa con piscina, o idromassaggio, o palestra privata’. ‘Che importa?’ dissi ‘piscina, uso quella comunale, l’idromassaggio non e’ igienico, e ginnastica la faccio in sala con dei dvd appositi!’. ‘Allora puo’ essere che si trovi qualcosa’ disse il tassista pensieroso.
E mi porto’ ad una casetta a due piani, ricoperta di pois colorati. Entrai, mi incamminai verso la cucina, e sul tavolo vidi un piatto, dentro al piatto un panino, e dentro al panino, cacio. Vicino al piatto c’era un biglietto ‘Da un caro amico. D’.
Mi sedetti e addentai il panino.
FINE
Cocca di Mamma